4.1 – Relazione sulla gestione del portafoglio finanziario
4.1.1 Il quadro economico e finanziario
Il 2022 ha rappresentato un anno eccezionale in cui si è innescata una serie di eventi in grado di condizionare fortemente le aspettative e le dinamiche dei mercati finanziari. Il ritorno dell’inflazione su livelli che non si vedevano da diversi decenni, aggravato dal conflitto tra Russia e Ucraina – con le conseguenze sui prezzi energetici – ha costretto le banche centrali a invertire rapidamente e bruscamente gli orientamenti di politica monetaria generando una violenta correzione dei mercati finanziari, sia obbligazionari che azionari e influenzando negativamente le aspettative economiche fino a paventare lo spettro della stagflazione.
Si è registrata quindi una sensibile contrazione del Pil e del commercio mondiale, diffusa tanto tra i paesi industrializzati quanto tra quelli emergenti. In generale non c’è stata nessuna area geografica che per dimensione e posizione ciclica sia stata in grado di fungere da traino nel frenare il rallentamento ciclico e l’incertezza. Tuttavia se da un lato l’evoluzione dei climi di fiducia e di altri indicatori qualitativi, come gli indici PMI, lasciavano intravedere la possibilità di una recessione a livello globale tra la fine del 2022 e gli inizi del 2023, alcuni fattori, tra i quali la graduale riduzione dei prezzi delle commodity, la progressiva normalità dei trasporti internazionali di merci dopo i problemi connessi alla pandemia e un andamento congiunturale migliore del previsto, sembrano allontanare tale ipotesi.
Negli Stati Uniti, dopo un primo semestre di lieve contrazione dell’attività economica, nella seconda parte dell’anno si è registrata una ripresa che ha portato il tasso di crescita medio annuo del Pil al 2,1%. L’inflazione ha raggiunto un picco del 9,1% a metà anno per poi ripiegare gradualmente nei mesi successivi. Attualmente si moltiplicano i segnali di stabilizzazione dell’inflazione ma il mercato del lavoro resta in disequilibrio caratterizzato da un eccesso di domanda che si è riflesso in aumenti salariali orari tra il 5% e il 6%. E’ evidente che tanto più tempo sarà necessario per il rientro degli squilibri, tanto più rimarrà elevato il rischio di effetti di secondo ordine sui prezzi interni e quindi sull’inflazione. Complessivamente la crescita tendenziale del Pil è rimasta in linea con quella potenziale nonostante la restrizione monetaria. Ciò nonostante, si è osservato un minor contributo alla crescita da parte dei consumi a causa del minore potere d’acquisto, parzialmente compensato da un’ulteriore riduzione della propensione al risparmio. Gli investimenti in costruzioni hanno sofferto maggiormente rispetto a quelli in macchinari la cui crescita è stata relativamente modesta. Se l’inflazione sembra aver superato il picco, il mercato del lavoro quindi rimane in tensione con crescita dei salari reali ritenuta ancora non compatibile con gli obiettivi di inflazione.
In Cina resta alta l’incertezza sulla crescita prospettica; gli indicatori congiunturali, come le vendite al dettaglio e gli investimenti, continuano a suggerire una persistente debolezza della domanda interna che si riflette anche in un minore assorbimento di prodotti dall’estero e vincola, quindi, la crescita del commercio mondiale. A questo si aggiunge la possibilità di tensioni sociali legate ad un alto tasso di disoccupazione giovanile. Nel corso del 2022 la crescita economica si è attestata al 3,9%, un livello ampiamente inferiore agli obiettivi del governo.
In Europa l’evoluzione dell’attività economica è risultata complessivamente migliore delle attese che si erano instaurate in primavera in seguito al conflitto in Ucraina e la crisi energetica che ne è derivata. La domanda interna è stata il traino principale in una situazione in cui le famiglie hanno potuto fare affidamento sui risparmi accumulati durante il periodo pandemico e le imprese hanno dovuto fare investimenti per adattarsi alle nuove circostanze globali. In media d’anno il Pil è cresciuto del 3,4%. La BCE ha dovuto velocizzare e intensificare l’intonazione restrittiva della politica monetaria aumentando i tassi ufficiali di 250 punti base nel 2022 – proseguendo il programma di rialzi nel 2023 – e annunciando l’avvio della riduzione dell’attivo inerente i titoli acquistati nell’ambito del programma Asset Purchase Program. L’inflazione ha superato la soglia del 10% spostando l’attenzione sulla difesa del potere d’acquisto dei redditi e condizionando fortemente le aspettative. L’inflazione ha avuto origine da uno shock simmetrico che ha colpito tutti i paesi ma le specificità nazionali hanno generato andamenti piuttosto differenziati tra i rispettivi paesi. La maggiore dipendenza dal gas russo ha pesato relativamente di più su Germania e Italia, rispetto ad altri paesi che hanno potuto contare su fonti alternative. Negli ultimi mesi si sta progressivamente registrando un’inversione di tendenza visibile soprattutto sull’inflazione totale, meno visibile però su quella core. Per quanto riguarda gli scambi con l’estero, tutti i principali paesi dell’euro hanno mostrato un peggioramento del saldo merceologico a causa del rapido aumento del costo delle importazioni di beni energetici.
L’Italia ha sorpreso in positivo di più rispetto agli altri paesi dell’area in funzione della buona dinamica della domanda interna, soprattutto dei consumi. Anche gli investimenti risultano in crescita che però è risultata maggiormente concentrata nell’edilizia e nei trasporti, anche in funzione di fattori comunque temporanei come gli incentivi alle ristrutturazioni. Le esportazioni si sono mantenute robuste anche se l’aumento delle importazioni ha generato un contributo negativo del saldo estero su Pil. Nel complesso l’economia italiana ha mostrato un tasso di crescita del 3,9% rispetto all’anno precedente. La migliore performance dell’economia italiana rispetto alla media Uem si spiega con diversi fattori: in primo luogo il successo della campagna vaccinale ha consentito di tornare velocemente alla vita di relazione, fattore di grande rilevanza per un paese a vocazione turistica come l’Italia; in secondo luogo, le caratteristiche del nostro modello competitivo hanno permesso una forte tenuta dei conti con l’estero e della manifattura in generale. Infatti il nostro sistema industriale è stato in parte trainato dalla filiera delle costruzioni (mobili e arredo, metallurgia, ceramica, ecc), in parte il suo radicamento europeo, che in passato ne ha limitato lo sviluppo, in questo caso ha rappresentato un vantaggio sia perché meno esposto lato export sia perché meno dipendente dagli input provenienti dalle catene di fornitura lunghe (es. semiconduttori). Le misure adottate nel 2020 e 2021 si sono mostrate quindi efficaci nel sostenere la domanda finale anche in merito al reddito disponibile di famiglie e imprese. In merito alla dinamica dell’inflazione, a fronte del maggior impatto della crisi energetica, nel corso dell’anno l’aumento dei prezzi è andato diffondendosi anche agli altri beni e servizi. Da un lato quindi la componente energetica nel paniere dei prezzi è cresciuta di più e negli ultimi mesi dell’anno non ha recepito i forti cali nei prezzi internazionali del gas; dall’altro si è trasferito ad altre componenti, anche core, delineando uno scenario inflazionistico inedito, sia per la concentrazione su alcune categorie di consumatori che per le differenze a livello settoriale con conseguenti rilevanti effetti redistributivi dell’inflazione sulla ricchezza.
In tale contesto economico, il 2022 ha rappresentato l’Annus horribilis dei mercati finanziari con rendimenti marcatamente negativi che hanno riguardato sia la componente azionaria sia quella obbligazionaria e con un interessamento diffuso a tutte le principali aree geografiche a livello globale che ha fatto venire meno gli effetti benefici della diversificazione, condizionando pesantemente la gestione finanziaria dei portafogli.
In particolare, mentre i cali che hanno interessato il comparto azionario rientrano nel “normale” range di volatilità di questa asset class e sono maturati dopo un triennio di crescita con performance particolarmente positive nel 2021, le performance largamente negative che hanno interessato il comparto obbligazionario, sia governativo che corporate, sono da ritenersi assolutamente eccezionali facendo seguito, oltretutto, ad un anno – il 2021 – nel quale i principali indici governativi avevano fatto già registrare perdite comprese tra il 2% ed il 5%. L’intensità e la diffusione geografica dei cali dei mercati finanziari osservati nel 2022 trovano pochi eguali nella storia dei mercati finanziari: se guardiamo alle dinamiche degli ultimi 50 anni, il 2022 è infatti l’anno peggiore che si ricordi rappresentando di fatto la tempesta perfetta.
Nel dettaglio, i principali indici azionari globali hanno chiuso l’anno con performance negative a doppia cifra. L’equity USA ha subito una flessione del 19,5% mentre i mercati emergenti mostrano un calo di oltre il 22%. Perdite meno marcate sui listini europei, con l’area Euro che ha chiuso al -12% circa e l’Italia che ha subito una contrazione delle quotazioni del 13%. Dopo un inizio d’anno appesantito dai timori di politiche monetarie restrittive, l’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina e gli effetti della politica “Zero Covid” del governo cinese hanno portato ad un rapido aumento dell’avversione al rischio e perdite nel primo semestre nell’intorno del 20% per i principali listini mondiali. Le perdite si sono ulteriormente aggravate nel terzo trimestre del 2022 in particolare per l’equity USA e quello dei paesi emergenti che si sono portati su livelli di circa il 25% inferiori a quelli di inizio anno. L’ultimo trimestre del 2022 ha visto un rientro parziale delle perdite, in particolare da parte dei listini europei, grazie soprattutto alla progressiva attenuazione dei rischi di stagflazione. Infatti, sono comparsi i primi segnali di assestamento, e in alcuni casi flessione, della crescita dell’inflazione accompagnati da indicatori macroeconomici che hanno sorpreso positivamente le aspettative portando i mercati a riconsiderare le aspettative dell’intensità e della durata della fase recessiva.
Per quanto riguarda i listini obbligazionari governativi, l’indice dei titoli di Stato dell’area Uem ha fatto registrare una perdita del 18% e poco meglio ha fatto l’indice italiano (-17%). La perdita sulle obbligazioni americane è stata di circa il 13%; si tratta di performance negative mai registrate nella storia. Nonostante il contesto di elevata inflazione, i titoli inflation linked hanno consentito solo in minima parte di compensare l’aumento dei tassi e di contenere le perdite, anche in funzione della minore liquidità che caratterizza questi titoli. L’indice dei titoli indicizzati all’inflazione nell’UEM ha perso il 9,2% mentre negli USA il calo è stato dell’11,4%.
L’aumento dei tassi ha inevitabilmente interessato anche i titoli corporate i cui maggiori rendimenti cedolari hanno solo in minima parte contenuto la discesa dei prezzi. Gli indici corporate investment grade dell’UEM e degli USA hanno subito perdite rispettivamente del 13,9% e 15,4%. Cali nell’interno dell’11 – 11,5% invece per gli indici di emissioni con rating speculativo (high yield).
Nel corso dell’anno l’euro si è indebolito nei confronti del dollaro, che ha rappresentato di fatto una delle poche valvole di diversificazione volta ad attenuare le perdite del 2022.
4.1.2 La strategia di investimento adottata
La strategia di investimento adottata dalla Fondazione nel corso del 2022 ha seguito in via generale le linee guida di indirizzo di gestione del patrimonio e l’Asset Allocation Strategica (AAS) deliberate dal Comitato di Indirizzo a novembre 2021 a valere sul triennio 2022-2024. La nuova AAS sostanzialmente costituisce un efficientamento dell’Asset Allocation Strategica del triennio precedente basato su un adeguamento del profilo rendimento/rischio al mutato contesto di mercato, con l’obiettivo di ampliare ulteriormente la diversificazione complessiva, anche irrobustendo la componente di gestione diretta. Partendo dall’impianto strategico definito sul finire dello scorso esercizio, il Comitato di Indirizzo ha delineato un percorso di implementazione dell’Asset Allocation Strategica definendo un piano di allocazione di parte della liquidità disponibile (complessivamente 35 milioni di euro) per asset class e il modello gestionale da adottare per l’ampliamento del portafoglio gestito.
Le operazioni di investimento, e il conseguente percorso di allineamento del portafoglio all’Asset Allocation Strategica, sono state eseguite con gradualità nel corso dell’anno, cercando di mediare i picchi di volatilità che molto frequentemente si sono verificati sui mercati e ponderando il timing di ingresso al verificarsi di condizioni di mercato in linea con il rendimento obiettivo della Fondazione. Data l’eccezionalità del contesto finanziario, il processo di allocazione è risultato quindi più lento rispetto alle normali condizioni operative, arrivando a conclusione solo nel corso del secondo semestre.
Le movimentazioni di portafoglio effettuate nell’anno hanno interessato sia la componente in gestione diretta, con l’obiettivo di irrobustire i flussi di cassa periodici in un orizzonte temporale di breve/medio termine, sia il portafoglio gestito, con il fine di incrementare la diversificazione complessiva del portafoglio in un’ottica di investimento di lungo periodo, selezionando temi e strategie di gestione poco o per nulla presenti nel portafoglio della Fondazione.
Per quanto riguarda la componente diretta, la Fondazione ha costruito un pacchetto di titoli azionari italiani quotati a media-larga capitalizzazione aventi un buon livello di dividendo combinato con buone prospettive di crescita del prezzo. L’ingresso anticipato rispetto alla stagione dei dividendi ha consentito di godere del flusso di utili distribuiti sul 2022, alimentando così flussi di cassa certi a favore del risultato di gestione dell’anno. A seguire, durante il secondo semestre, la Fondazione ha proseguito il piano di allocazione investendo in titoli obbligazionari diretti, sia del comparto governativo che corporate. Gli investimenti sul portafoglio obbligazionario diretto sono diversificati sia per emittenti che per segmento. Tra i titoli governativi si segnala l’inserimento di un’emissione dello Stato italiano denominata in dollari, in un contesto di mercato in cui i titoli in valuta offrivano rendimenti superiori, su pari durata, rispetto ai titoli domestici. Il titolo in valuta, pur a fronte di un’esposizione al rischio di cambio, ha consentito di aumentare ulteriormente la diversificazione del portafoglio. Per quanto riguarda il segmento corporate, è stata privilegiata la qualità del credito cercando di mantenere contenuto il rischio di tasso. I titoli sono stati individuati a partire da un universo investibile di emissioni denominate in euro che rispondessero a specifici criteri selettivi di natura quali-quantitativa.
In merito all’ampliamento del portafoglio gestito, il piano di allocazione e il modello gestionale deliberati hanno condotto alla costituzione di un paniere di fondi aperti Ucits compliant/ETF, a Nav giornaliero, selezionati a valle di un processo di selezione quali-quantitativa tra prodotti assimilabili. Tale allocazione è avvenuta nel quarto trimestre. I segmenti di investimento, seppur riguardanti l’asset class azionaria, hanno avuto ad oggetto tematiche e strategie meno tradizionali, in un’ottica di ampliamento della gamma di prodotti e relative strategie di investimento includendo quelle non coperte o in minima parte dalla piattaforma Quaestio. In particolare, gli investimenti hanno riguardato il segmento globale tematico e l’alternativo event driven. Per il primo, al fine di includere i principali driver dell’offerta al momento attiva sui mercati tenuto conto dello scenario atteso, sono stati individuati quattro temi di investimento, due dei quali con un approccio più conservativo (parità di genere ed economia circolare) e due con un approccio maggiormente orientato alla crescita (eco-tecnologia e smart mobility), combinando gli importi sui diversi prodotti al fine di assicurare il miglior profilo in termini di rischio/rendimento con indicatori di rischio più contenuti rispetto all’indice di mercato.
Sul comparto Quaestio Global Real Return la Fondazione ha adottato lungo l’esercizio 2022 il consueto approccio vigile e proattivo, monitorando la gestione delegata nel continuo e presidiandola con i consueti advisory committee, comitati aventi potere consultivo e non decisionale nei quali la Fondazione può seguire l’evoluzione dei singoli fattori di rischio e modularla anche tatticamente mediante il proprio advisor delegato a rappresentarla in tali sedi.
Nel corso del 2022 si sono tenuti tre advisory committee del comparto Quaestio Global Real Return, a cui si sono aggiunti frequenti scambi informali tra i membri in corso d’anno. Ad inizio 2022, continuando il processo già avviato sul finire del 2021 e prima dell’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina, il gestore ha dato seguito all’impostazione di una strategia di graduale rientro sui rischi di mercato, rafforzando contestualmente i presidi e le strategie volte a proteggere e diversificare il portafoglio. Il portafoglio strategico del comparto è stato poi rimodulato in corso d’anno per adattarlo al mutato contesto di scenario, caratterizzato in particolare da un livello di inflazione al rialzo e tensioni sui mercati sempre più marcate, diventando sempre più importante la gestione tattica, da lavorare con interventi dinamici e con operazioni di copertura (strategie via strumenti derivati, oro, valute rifugio) al fine di contrastare quanto più possibile la coda sinistra della distribuzione dei rendimenti attesi e quindi ridurre volatilità e drawdown soprattutto nelle fasi di movimenti di mercato rapidi e sfavorevoli. La gestione proattiva del comparto ha consentito di contenere le perdite, chiudendo l’anno con un risultato negativo e pari al -3,9% in un contesto in cui i mercati azionari ed obbligazionari hanno perso mediamente molto di più (tra il 10% e il 20%).
Tra gli investimenti aventi come orizzonte temporale il lungo termine nel portafoglio finanziario complessivo della Fondazione vi sono anche gli investimenti in fondi chiusi, di private equity, di private debt e immobiliari, diversificati per mercato di riferimento, area geografica, stile di gestione e ciclo di vita. Tali strumenti sono da intendersi come fonte di diversificazione e di decorrelazione rispetto agli asset tradizionali nonché preposti prevalentemente alla rivalutazione del capitale nel medio/lungo termine. Nel corso dell’anno, oltre alle movimentazioni riguardanti i richiami/rimborsi di capitale sui fondi già sottoscritti, la Fondazione ha sottoscritto un nuovo fondo di Infrastructure Debt gestito da F2i, impegnandosi per un committment complessivo di 7,5 milioni di euro.
Completano il quadro del portafoglio finanziario investito della Fondazione le partecipazioni in Sefea Impact Sgr Spa e Vita SpA. Tali investimenti, rispondenti più a logiche strategico-sociali che finanziarie, risultano iscritti in bilancio tra le “immobilizzazioni finanziarie” alla voce “altri titoli”.
Le disponibilità liquide della Fondazione a fine anno ammontano a circa 6 milioni di euro, costituite unicamente da giacenze di c/c diversificati su più istituti bancari.
La tabella seguente riporta la composizione del portafoglio finanziario della Fondazione a fine 2022, sia a valori di bilancio nel rispetto dei principi contabili adottati, sia valori di mercato.
(*) Ammontare versato, al netto dei rimborsi in conto capitale e delle svalutazioni finora effettuate dalla Fondazione e valorizzazione a mercato all’ultimo NAV disponibile.
(**) Valori al netto delle commissioni di gestione.
4.1.3 Il risultato della gestione
In linea generale, la Fondazione provvede al finanziamento delle proprie attività istituzionali attraverso i contributi in conto esercizio versati dalle fondazioni di origine bancaria (come previsto dal Protocollo di Intesa del 5 ottobre 2005 firmato dai soci della Fondazione e successivi aggiornamenti) e dai proventi ordinari derivanti dall’investimento del suo patrimonio finanziario, al netto delle spese di funzionamento e degli accantonamenti previsti dalle norme statutarie.
I contributi in conto esercizio
Nel 2022 i contributi in conto esercizio versati dalle Fondazioni di origine bancaria ammontano a circa 10 milioni di euro
Il risultato della gestione finanziaria
Il 2022 è stato il primo anno della strategia di investimento triennale deliberata a fine 2021 a valere sul triennio 2022-2024. Alla luce dell’eccezionale situazione di turbolenza nei mercati finanziari, il raggiungimento degli obiettivi di redditività – target di rendimento medio annuo della strategia pari al 3% – è risultato decisamente sfidante nel corso del 2022. Il portafoglio finanziario della Fondazione ha ottenuto un rendimento finanziario complessivo negativo del -3,2%. Considerato anche il peso mediamente detenuto sul portafoglio finanziario totale della Fondazione (circa l’80%), il suddetto risultato è ascrivibile prevalentemente alla performance del comparto Quaestio Capital Fund Global Real Return, pari al -3,9%. La strategia dinamica attuata dal gestore ha permesso di mantenere sempre la volatilità ex-ante sotto controllo e di difendersi molto bene rispetto all’andamento eccezionalmente negativo dei mercati. Fino al mese di settembre, in cui ha probabilmente scontato la scelta di incrementare l’esposizione su alcuni fattori di rischio, il comparto era addirittura riuscito a mantenere la performance da inizio anno nell’interno dello zero. La flessione subita nel bimestre settembre-ottobre, solo in parte recuperata in novembre, ha portato in negativo il risultato 2022 seppur mantenendolo nell’ambito di una perdita recuperabile nel medio termine.
Seppur marginalmente rispetto al comparto Quaestio Global Real Return, ha contribuito negativamente al risultato complessivo 2022 anche qualche altro asset, in particolare un fondo obbligazionario convertibile globale presente in portafoglio per l’intero anno. La detenzione di una quota di liquidità abbondante in attesa della definizione prima e dell’implementazione poi, avvenuta peraltro con cautela e gradualità, del piano di allocazione deliberato ha certamente aiutato a calmierare gli effetti negativi dei mercati finanziari sul portafoglio investito.
L’implementazione graduale del piano di allocazione e l’impostazione difensiva sul portafoglio investito, specie sul comparto di Quaestio, hanno inoltre permesso di mantenere sempre la volatilità del portafoglio complessivo ampiamente dentro al budget di rischio della strategia triennale.
Per quanto riguarda i fondi chiusi, valorizzati tenendo conto dei Nav ultimi disponibili, si segnalano in particolare i contributi positivi provenienti dai fondi F2i (Secondo e Terzo Fondo) e dal fondo Sympleo gestito da Ream Sgr. Tutti i fondi chiusi presentano a fine anno una valorizzazione al Nav superiore a quella di bilancio, ad eccezione del fondo Sefea Impact e del fondo Eurizon ITER, ancora nelle fasi iniziali del loro ciclo di vita.
In ottica contabile, tenendo conto dei principi adottati dalla Fondazione che prevedono l’iscrizione al Conto Economico delle minusvalenze maturate e delle plusvalenze solo se effettivamente realizzate, il portafoglio finanziario ha registrato un risultato netto di competenza 2022 pari a circa -12 milioni di euro. Nella tabella che segue è presentato il contributo di ciascun sotto-portafoglio al risultato di gestione a valori di bilancio e a valori di mercato (esclusa la redditività derivante dai contributi in conto esercizio versati dalle fondazioni bancarie). Il risultato a valori di bilancio tiene conto dei principi contabili adottati dalla Fondazione, il risultato a valori di mercato considera invece tutto il portafoglio finanziario a valori di mercato.
Al risultato contabile 2022 hanno contribuito negativamente e in maniera più incisiva il comparto Quaestio Capital Global Real Return (-11,4 milioni, pari al -2,6% a valori di bilancio) e un fondo obbligazionario convertibile globale (-1,8 milioni). I risultati a valori di bilancio del portafoglio azionario sono invece positivi per effetto dei dividendi incassati nel corso dell’anno, così come il risultato del portafoglio fondi chiusi, grazie ai proventi netti incassati sul 2022 a cui si aggiunge la plusvalenza realizzata dal rimborso finale di un fondo rispetto al suo valore contabile, azzerato in precedenza. Il risultato del portafoglio obbligazionario, sebbene positivo, è composto sia dalla componente cedolare che dalle minusvalenze contabili maturate a fine anno, a cui si aggiunge una marginale ripresa di valore.
Il risultato del portafoglio complessivo a valore di mercato risulta inferiore a quello di bilancio e pari a -17,2 milioni di euro, nonostante il contributo positivo del portafoglio fondi chiusi, stimato come variazione del Nav tra fine ed inizio anno al netto di richiami e rimborsi capitale avvenuti durante l’esercizio più i proventi distribuiti. In merito alla stima del risultato a valore di mercato dei fondi chiusi, è opportuno tuttavia ricordare che il Nav (ovvero il valore patrimoniale del fondo diviso per il numero di quote) può divergere significativamente dal prezzo di mercato (che si forma dall’incontro tra domanda e offerta investitori) spesso inferiore. Ad incidere negativamente impatta maggiormente il Fondo Quaestio Capital Global Real Return, con una performance a mercato pari al -3,9%, corrispondente ad una contrazione del valore di mercato pari a -17,3 milioni di euro, oltre che gli altri segmenti di portafoglio (obbligazionario, partecipazioni) in ragione della perdita di valore conseguente all’andamento negativo dei mercati da inizio anno.
4.1.4 L’evoluzione prevedibile della gestione economica e finanziaria
Pur a fronte di andamenti finora migliori delle attese e ad una tendenziale riduzione dei prezzi delle commodity accompagnata da una normalizzazione dei trasporti internazionali di merci dopo i problemi connessi alla pandemia, i rischi dello scenario restano comunque rilevanti. L’inflazione resta ancora elevata e, nonostante l’emergere di segnali di riduzione, vari indicatori segnalano che tale processo sarà comunque graduale e sottoposto a gradi di incertezza che potranno ancora riflettersi sulle aspettative di politica monetaria. Nel caso dell’area Uem in particolare ciò pone le basi per una tendenziale contrazione dei consumi che però non dovrebbe generare una recessione bensì una stagnazione come prezzo macroeconomico pagato dalla crisi del gas/Ucraina. Le previsioni di crescita economica per il 2023 restano quindi caute tenendo conto anche della persistenza delle tensioni geopolitiche la cui evoluzione resta inevitabilmente un fattore in grado di condizionare le aspettative. Ciò potrà generare andamenti dei mercati finanziari ancora volatili con rapidi capovolgimenti connessi all’evoluzione delle attese sulle previsioni di crescita economica per il prosieguo dell’anno. La gestione finanziaria dovrà affrontare ancora un anno complesso, sia pur caratterizzato da tassi di interesse più elevati ma con la persistenza di incertezze sull’evoluzione degli utili delle imprese e, in generale, sul corretto pricing dei fattori di rischio. In un contesto caratterizzato dalla presenza di un conflitto, da emergenza climatica e da inflazione ancora elevata, l’interesse sul tema della sostenibilità e sull’integrazione dei criteri ESG nelle politiche di investimento assume una connotazione sempre più impellente.
4.1.5 Fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura d’esercizio
Nel periodo intercorso tra la data di chiusura dell’esercizio e quello di redazione del bilancio, la Fondazione ha eseguito alcune dismissioni sul portafoglio diretto, sia del comparto azionario che obbligazionario. La ratio sottostante l’operatività eseguita è stata principalmente quella di voler consolidare i risultati raggiunti, ben superiori al target di redditività della Fondazione, riducendo l’esposizione complessiva al rischio di mercato in un contesto ancora denso di incertezze e caratterizzato da elevati picchi di volatilità.