1. Il contesto di riferimento. Il fenomeno della povertà educativa in Italia
La condizione di povertà educativa di un minore rimane un fenomeno complesso e multidimensionale: essa è legata alle cattive condizioni economiche, ma è anche povertà di relazioni, isolamento, scarsa cura della salute e dell’alimentazione, carenza di servizi, di opportunità educative e di apprendimento non formale. La povertà educativa priva bambini e adolescenti della possibilità di apprendere e sperimentare, di scoprire le proprie capacità, sviluppare le proprie competenze, allargare e coltivare le proprie aspirazioni.
La povertà educativa investe anche la dimensione emotiva, sociale e relazionale, creando le condizioni per l’ingresso precoce nel mercato del lavoro, per l’abbandono e la dispersione scolastica (nelle loro diverse manifestazioni) e per fenomeni di bullismo e di violenza nelle relazioni tra pari.
Il rapporto ISTAT 2023 ha restituito dati allarmanti: rispetto al 2005, quando il fenomeno della povertà assoluta tra i minori coinvolgeva poco più del 3,9%, nel 2022 la percentuale è più che triplicata, arrivando al 14,6%.
Pur nell’ampia distribuzione del fenomeno, permangono importanti divari sia di tipo geografico, sia di tipo sociale. Nel Nord, ad esempio, la crescita della povertà assoluta è stata molto accentuata nel 2020, ma nel 2022 si sono osservati segnali di miglioramento; nel Mezzogiorno nel 2022 si è invece raggiunto il punto più alto della serie, con un’incidenza del 12,7 %. Il dato sulle famiglie con stranieri, inoltre, segnala come queste ultime presentino livelli di povertà assoluta quasi cinque volte più elevati di quelli delle famiglie di soli italiani.
Nel caso dei minori, alla povertà assoluta si accompagnano spesso disuguaglianze nell’accesso all’istruzione e a percorsi educativi di qualità, che, fin dalla primissima infanzia, condizionano il futuro di intere generazioni, legandosi alla probabilità di inserirsi presto e bene nel mercato del lavoro, alla mobilità sociale e alla possibilità di preservare buone condizioni di salute, grazie a una consapevole prevenzione e alla capacità di cura.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta un’occasione per contrastare la povertà educativa. Esso, infatti, stanzierà 19,44 miliardi di euro per misure specifiche, tra cui: l’aumento dell’offerta di educazione e cura per la prima infanzia; la riduzione degli studenti con basse competenze; l’abbattimento degli abbandoni scolastici precoci; l’estensione dell’istruzione universitaria e terziaria. L’esame del loro stato di avanzamento è stato oggetto del rapporto annuale dell’Osservatorio sulla povertà educativa #conibambini promosso nel 2022 da Con i Bambini e Fondazione Openpolis. Ne emergono tutte le difficoltà di alcuni territori nell’accedere alle risorse stanziate: ciò è stato particolarmente visibile nella misura sui nuovi nidi, per la quale la scadenza del bando è stata prorogata più volte, con una riapertura dei termini rivolta specificamente agli enti del mezzogiorno. Ancora, per quanto riguarda il dispiegamento della prima parte del piano per la riduzione dei divari educativi emergono altri tipi di criticità: ad esempio, non sembra valorizzato a sufficienza lo strumento dei patti educativi di comunità, laddove il coinvolgimento delle comunità educanti rappresenterebbe la principale strategia di lungo periodo affinché misure così importanti non si risolvano in interventi estemporanei.
L’attenzione su questa grande opportunità che il PNRR rappresenta è quindi fondamentale. Occorre garantire che queste risorse siano davvero orientate a un “cambiamento” duraturo e ai processi messi in moto, partecipativi e di ascolto. Le tante pratiche già in campo per il contrasto della povertà educativa possono in questo senso fare scuola, per evitare la distribuzione a pioggia e gli sprechi, gli eccessi burocratici, il rischio di escludere scuole che ne avrebbero necessità. La chiave di volta è la costruzione di comunità educanti efficaci nelle quali scuola e terzo settore collaborano.